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-Soundtrack: How it Came to Be This Way
…Avevo l’inconfutabile sensazione, anzi, certezza,
che quello che era successo non fosse affatto il frutto di un attacco di
pazzia del mio John. Pensai, in un primo momento, che lo avessero
drogato e gli avessero fatto il lavaggio del cervello: avevo sentito di
cose capaci di causare degli incrementi metabolici simili e di
condizionare la mente fino a tal punto… Chi era stato, chiedete? Giunsi
alla conclusione che John aveva pestato i piedi a qualche grossa
corporazione che avesse deciso di eliminarlo… Pensai che il motivo della
sua eliminazione (e della mia, secondo come doveva essere il loro piano
originale…) fosse legato a quello che stava scrivendo nel suo ultimo
testo: in fondo doveva essere un libro che avrebbe cambiato il mondo,
no? Così feci un inchino alla mia nuova compagna di viaggio e seguii i
suoi consigli, i consigli della pazzia, per poter afferrare l’unico
desiderio che ora mi bruciava in corpo.
Ai colleghi e a quanti altri cominciarono a chiamare chiedendo notizie
del Professor Donovan io rispondevo con dolore straziante, che non
dovevo simulare, che mio marito era rimasto vittima di un terribile
incidente mentre eravamo all’estero e che le conseguenze si erano
rivelate tragiche… No, non era morto… ma l’infermità che ne era
risultata richiedeva assistenza completa e continuata, riposo assoluto e
ricovero in un ambiente protetto… In pratica Il professor John Donovan
non sarebbe mai più uscito di casa. Per quanti poi non si accontentarono
di ascoltare questa meravigliosa e artistica “mascherata” provvidi a
recitare in uno spettacolo ancor più folle ed elaborato. Mi tagliai i
capelli, studiai il passo e le espressioni, strinsi con delle fasce il
seno e in breve… Presi l’identità di mio marito.. Il trucco riuscì
piuttosto bene: ricevevo i colleghi (e anche qualche studente) di John
nella nostra casa seduta su una sedia a rotelle e avvolta nella semi
oscurità, attribuendo l’illuminazione e la voce certo non perfetta a una
fotosensibilità e una ferita alla gola conseguite con l’incidente.
Chiesi di continuare a collaborare con l’università come ricercatore,
visto che tale attività non era ancora intralciata dalle menomazioni e,
vista la preparazione e il valore che mio marito aveva dimostrato, non
mi fu difficile convincerli ad accettare la proposta di una
collaborazione telematica. Furono un poco più perplessi quando chiesi
loro di lasciare che fosse direttamente mia moglie a succedermi alla
cattedra universitaria… Ma ancora una volta la stima per il lavoro di
John e il bisogno di una continuità del suo lavoro spinsero il consiglio
di facoltà ad approvare. La mia preparazione era comunque sufficiente
per impedire che eventuali sospetti su questa richiesta venissero a
galla: per quanto riguarda il mio curriculum, io, grazie agli studi che
avevo fatto insieme a John, ero ormai preparata per rivestire il suo
incarico per quel minimo indispensabile perchè non si notasse la
differenza, il resto lo fecero i continui studi degli appunti di John.
Era certo un piano privo di buon senso e continuamente a rischio di
crollare sotto il peso di tutte le “mascherate” su cui si poggiava, ma
la propensione di questa epoca per i rapporti impersonali e la
proliferazione delle tecnologie mi favorirono nel reggere il ruolo del
“ricercatore a distanza”, e poi… che alternative avevo? Mi sarei trovata
un po’ in imbarazzo nello spiegare che avevo sparato a bruciapelo a mio
marito in un vicolo e che lo avevo poi bruciato vivo… Anche se solo per
legittima difesa, ovviamente…
Fu però proprio mentre, per meglio impersonarlo, sfogliavo i molteplici
appunti che John mi aveva lasciato che comiciai a riannodare i fili di
un mistero ancora irrisolto. Mentre aspettavo che qualcuno si facesse
vivo per completare il lavoro di terminazione, mi allenai costantemente
per non farmi cogliere impreparata da chi ci aveva fatto tutto ciò e nel
frattempo studiai i criptici appunti di mio marito riguardanti la bozza
del libro e… Dalle poche cose che riuscii ad afferrare come persona
esterna alla stesura del testo, mi parve di scorgere prima solo un
elenco di casualità che rafforzavano la stretta correlazione che John
voleva sostenere tra l’influenzabilità umana e le superstizioni che a
volte nascono intorno a un avvenimento di poco conto. Tuttavia, nei
testi di mio marito c’era un continuo rimando ad episodi e testimonianze
di ogni dove che sembravano combinarsi in una sorta di puzzle dalle
sembianze decisamente oscure e io… Cominciai a sospettare che non
fossero solo supposizioni e superstizioni… Vidi anche io, come doveva
averla veduta John a suo tempo, una inquietante combinazione tra eventi
distanti tra loro centinaia di miglia o manciate di anni…
John era sempre stato uno storico puntuale e senza “grilli per la
testa”. La sua attenzione storiografica era sempre stata attratta dalla
ricerca di fatti e documenti che potessero innanzitutto rendere il
quadro degli eventi uniforme e continuo: non desiderava perdersi in
illazioni o ipotesi vaghe ma suggestive. Fu per questo che mi
meravigliai alquanto nel trovare tutto quello spazio dedicato a note
correlate a nozioni antropologiche per così dire “marginali”.
Incuriosita ripercorsi le scure strade che doveva aver studiato John,
prendendo come punto di partenza quella famosa ed insignificante borsa
dei soldi e rispolverando tracce coperte e contorte che puntavano a
risultati troppo sconcertanti per essere credibili, ma dopo poco più di
un anno di studi intensi e notti insonni, giunsi alle mie personali
decisioni… le casualità e coincidenze cominciavano ad affastellarsi con
troppa cura e precisione per essere davvero tali… E poi come spiegare
altrimenti quello che avevo visto? A quale droga attribuire le
terrificanti capacità mostrate da John in quella maledetta notte? E le
sue parole? Quella sua ultima confessione? Quel suo unico momento di
lucidità… Il momento in cui si è ricordato di amarmi… Come potevo
ignorarlo? Forse non erano le corporazioni arroganti che John aveva
disturbato… Ma qualcosa di più antico, un potere che non trovava solo
nei soldi il suo potere e la sua impunità. Qualcosa che strisciava
nell’ombra delle civiltà umane, da un tempo immemorabile, nascondendosi
proprio dove tutti potevano vedere, nelle favole e nelle leggende da
sempre raccontate, rimanendo nascosto solo perché nessuno si prendeva la
briga di ricomporre un puzzle apparentemente privo di senso che non
valeva la pena di giocare…
Alla fine cominciai a chiedermi quale pericolo potessero rilevare le
modernissime corporazioni nelle ricerche di un professore di storia
antica, loro che nel tumultuoso mondo degli affari facevano fatica a
durare vent’anni… No… Doveva essere un male più antico quello che John
aveva cercato di esporre alla luce del sole… La consapevolezza di aver
gettato in quell’inceneritore non solo l’unica persona di cui mai mi
fosse importato, ma anche la maggior parte della mia sanità mentale fu
l’unica cosa che mi chiese un’ultima imprescindibile, terribile e
ovviamente… folle verifica.
Varcai la soglia della notte facendomi care le lezioni di John al
poligono e le armi che una “brava ragazza” non dovrebbe mai nemmeno
considerare… Ma era un po’ troppo tardi per questo genere di
preoccupazioni… Quelle erano ora le mie uniche compagne nella missione
che mi ero scelta. Dovevano scortarmi da un indizio all’altro… Tra le
minoranze della città in cui ancora si conservavano quegli indici di
comportamenti, quegli indici antropologici che John aveva così
meticolosamente annotato nel suo scritto non finito. Era esplorando, no…
spiando le loro abitudini che dovevo capire se era vero, come aveva
scritto il mio amato, che tali tratti si erano conservati perché
custoditi e perpetrati “da soggetti che non erano influenzati dal
susseguirsi di generazioni con abitudini e atteggiamenti in continua
evoluzione”… Così aveva scritto John… Io più semplicemente avevo
tradotto “da soggetti che non morivano”.
Fu in una notte d’autunno ancora tiepida che alla fine chiusi il
cerchio. Nascosta lontano e pregando di aver buttato via mesi di vita in
una folle ricerca, presi il binocolo a infrarossi e guardai nel vicolo
dove il mio bersaglio era entrato con un’altra persona. Inutile dire che
le mie preghiere furono una volta di più disattese… Quella notte vidi
una di quelle… creature… nutrirsi e gettare gli avanzi del suo pasto
dentro a un cassonetto né più ne meno di come un essere umano fa con un
torsolo di mela. Il fatto di aver appena scoperto di non aver vissuto
una menzogna e che tutte le ardite teorie di mio marito fossero
comprovate non fu gioia sufficiente dal non farmi fuggire con il cuore in
gola verso casa e lì di passare almeno un’ora a vomitare l’anima per
quanto ero nervosa e schiacciata dalla rivelazione: l’uomo non è l’unica
creatura intelligente di questo pianeta… Esistono altre… Creature che
infestano le sue viscere e le sue fantasie… Chi aveva causato tutto quel
dolore non apparteneva a questo mondo… Era una creatura “al di là
dell’umano”… E al di là dell’umano aveva voluto portare anche John
perché non potesse nuocere… E forse oltre quella soglia volevano anche
me… o forse nella mente sconvolta dalla trasformazione, John aveva
intimamente e distortamente desiderato avermi ancora al suo fianco…
Voleva che “andassi con lui”… Ma lui non c’era già più.
Per un attimo, il pensiero che, pure in quella veste inumana, avrei
accettato di essergli moglie mi baciò il cuore facendomi ricordare fino
a che punto amassi il mio John, ma presto quello stesso ricordo tornò a
far ardere il desiderio che mi aveva spinto a quella folle verifica: ora
sapevo chi avrebbe pagato per le mie lacrime… Ora sapevo chi aspettare
ogni notte perché concludesse quella “strage”.
Ma anche dopo un anno di attesa, nessuno giunse a finire il lavoro…
Nessuno venne per uccidermi… Lasciandomi l’amara impressione che non
fossi considerata in alcun modo un pericolo da quelle “creature”. Ma
poco importava, anzi: meglio così… se mi pensavano morta o ignara,
questo significava che era venuto il momento… Il momento di scambiarci i
lati della scacchiera. Era ora che smettessi di attendere: li avevo
trovati una volta per avere la prova che esistessero… Questa volta li
avrei trovati per far loro conoscere quale meravigliosa trama di incubi
avevano tessuto per le mie notti e quanto fosse avvolgente la sensazione
della follia di un cuore privato della sua ragione di vita. E li avrei
trovati tutti… mentre strisciavano o banchettavano nelle notti che
pensavano loro di diritto, che pensavano loro riserva di caccia… Uno a
uno, uno a uno li avrei trafitti fino a far grondare dai loro corpi
immondi un lago di sangue per ogni lacrima che avevo versato per il mio
John…
Fu così che giunsi a questo punto… Fu così che decisi di diventare io
la… Cacciatrice…
“…Fire and Wine and Burning Lies… Bring Me to this Crazy Fear…/
Fire and Wine and Burning Eyes Live the Masters of My Tears!…/
But when the Demons of my Mind Come to Claw for Scraps Tonight /
Well I shall Kill them One By One… /
One By One… By One… By One… By One……”
...End (?)
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