Der Anfang des Gedichts


In una società basata sulla rigida strutturazioni in classi, nascere al di fuori di esse è poco meno di un crimine: è una colpa che si sconta a caro prezzo. Tra gli elfi oscuri, ogni famiglia ha un ruolo che si è conquistata nel tempo; alcune ascendono a ranghi più elevati, altre cadono in disgrazia, ma, indifferentemente, tutte ricoprono un ruolo. Tutte quante, per quanto umili, possono confortarsi nel sapere che nessuno è inutile finchè serve la Grande Madre, per quanto piccolo o apparentemente insignificante sia il suo compito. Ma coloro che nascono da un grembo che si vergogna di averli partoriti, coloro che non vengono riconosciuti, coloro che non appartengono a nessuna famiglia, costoro sono privi di un ruolo: essi nascono fuori dal perfetto meccanismo che gli elfi oscuri hanno costruito per poter così efficientemente sopravvivere a un crudele e rovinoso esilio dalla luce del sole. Costoro sono i veri reietti, coloro che non vengono riconsegnati ad Amryza solo per la prudente cautela di alcuni anziani che, prima di disporre l’eliminazione di un elfo scuro, vogliono accertare che l’Oscura Madre non abbia riservato a una sì miserabile creatura un qualche tipo di talento nascosto, non dissimilmente da come le gemme sono nascoste nelle atroci viscere della terra.

Ma lei… Lei che era nata senza un nome, lei non possedeva nulla di tutto ciò. Lei era priva del talento fisico che altri giovani orfani avevano mostrato nella speranza di salvarsi dalla loro inutilità e persino lo studio non le riusciva affatto… Nelle prove di agilità e di corsa tutto quello che sapeva fare era cadere maldestra e di fronte ai libri o agli insegnanti tutto ciò che sapeva fare era distrarsi per rinchiudersi in fantasie sognanti che la portassero lontana dalla realtà per lei insopportabile, risvegliandosi solo quando lo scudiscio del maestro la rimproverava per la sua disattenzione.

E’ certo che la sua vita non fosse piacevole: persino i suoi compagni, a loro volta reietti, si sentivano a lei superiori. Nonostante la miseria che li accomunava, almeno loro tentavano di trascinarsi fuori da essa, di diventare degni della loro razza… Lei invece nulla faceva per redimersi… Solo sapeva rinchiudersi in quel suo mondo sognante per ignorare la realtà per lei troppo dura da affrontare. Fu così che persino i suoi sogni non furono più abbastanza per sfuggire allo scherno, alle beffe e alle punizioni… Fu così che forse giunse alla follia, desiderando a tal punto di non essere in quel luogo che la sua mente cominciò a “fingere” che quel luogo non esistesse. Completamente catatonica spendeva i suoi giorni nella visione di un mondo gioioso in cui lei era perfetta e padrona; a volte ne era la regina incontrastata, altre volte invece semplice osservatrice o paesana, a seconda di come i suoi desideri meglio potevano esaudirsi. Il massimo disprezzo degli altri la avvolse senza che nemmeno lei se ne accorgesse e presto coloro che vigilavano su quel luogo decisero che oramai aveva perso qualunque valore per la loro razza e che, se così desiderava, avrebbe potuto rimanere in quel mondo di sogno per sempre… O almeno fino a che il suo corpo non si fosse avvizzito rimanendo senza cibo e acqua.

E questo certo sarebbe stato il suo fato, non fosse stato per l’eco della guerra che giunse alle porte di quel luogo che era la sua prigione. Le scorribande delle razze degli orchi minori erano da sempre state la spina nel fianco degli avamposti degli elfi oscuri e le razzie con cui quelle bestie vivevano erano spesso causa di conflitti. Fu quindi non tanto una fine strategia politico/militare che portò all’assalto di quella struttura da parte degli orchi, quanto il cibo che le sue dispense contenevano. Le bestie calarono in gran numero, sufficiente per sopraffare le guardie del luogo, ma poi: perché combattere? Non vi era nulla di tanto importante da difendere; l’onore della razza sarebbe stato meglio vendicato con un assalto a sorpresa, le gole degli orchi tagliate nel sonno, piuttosto che finendo per concedergli la vittoria morendo come avrebbe fatto un qualunque umano. Così tutti gli occupanti risposero al grido di allarme delle sentinelle e lasciarono frettolosamente la struttura… Tutti tranne chi era immerso in un sogno dal quale non voleva svegliarsi…