Tenshi no Namida


Un momento di contemplazione la colse mentre il suo cuore suonava un assolo rapido, trionfante, ma allo stesso tempo ancora non sazio, preparandola per quello che doveva venire, rinfocolando nel suo cuore il ricordo così caldo e gelido che l’aveva spinta a quel massacro. Il canto riprese ancor prima che il Giudice potesse annunciare la sua vittoria e Drusinua non ebbe altro desiderio che seguirlo. Voltandosi verso il suo allibito istruttore, non risparmiò alcuna energia nel caricarlo. Quello, ancora più sorpreso estrasse veloce la spada e rapido tentò di prendere il ritmo della danza della ragazza.

La sorpresa mutò presto in quel suo solito ghigno divertito. Quella stupida poteva pur aver vinto contro i suoi altrettanto inetti fratelli bastardi, e, invero, se si fosse lì fermata le cose si sarebbero messe davvero male per lui, ma ora, a dimostrazione di quanto giusto fosse il suo disprezzo per lei, aveva voluto esagerare e attaccare anche lui. L’avrebbe uccisa come meritava e tutto sarebbe andato a posto.

Lasciando che l’esperienza di battaglie vere che aveva affrontato lo guidasse attraverso i pur incredibili progressi dell’allieva, il funzionario la fronteggiò con parate esperte e schivate tempestive, studiandola accuratamente e cercando di capirne la tecnica. Dopo un ennesimo affondo, decise che era il momento di chiudere i giochi.

Ma dopo quell’ennesimo affondo a vuoto, Drusinua sentì il suo cuore bruciare all’impazzata e ardere ogni cosa, ogni pensiero, ogni altra idea se non quella di raggiungere il suo desiderio.

Con uno scatto indietro l’istruttore prese spazio dall’allieva e le tese un tranello che aveva funzionato con guerrieri ben più esperti. Vedendola avanzare per continuare l’assalto, come si aspettava, tese la spada di fronte a sé per tenere la distanza, lasciandole volontariamente dello spazio per schivare sulla destra. Non appena avesse tentato lo scarto avrebbe aperto la guardia e lui l’avrebbe colpita. Doveva solo essere rapido e anticiparla, partire un poco prima del tempo. Così tolse la lama un istante prima che la ragazza ci finisse sopra, preparando subito il colpo per abbatterla subito dopo l’inutile schivata.

Ma non ci fu alcuna schivata. Drusinua si buttò contro la sua lama senza alcuna esitazione incurante che il suo cuore ormai gelido venisse trafitto. E, preparando quel colpo costruito con tanta arguzia e sicurezza, nemmeno il suo istruttore si avvide della differenza di chi combatte per sopravvivere e chi invece inseguendo un desiderio più grande della vita.

E Drusinua voleva affondare quel colpo più di quanto volesse vivere.

La lama dell’istruttore rimase a mezz’aria, pronta per un colpo mortale che non sferrò mai, mentre quella di Drusinua affondava precisa nel petto di chi le aveva sottratto tutto ciò che le avesse mai riscaldato il cuore…

Mentre guardava il suo sogno realizzarsi sotto la pioggia, la sua musica suonò le ultime note insieme al suo grido. Tragiche come solo un sogno tanto violento poteva essere. Intense come solo la sensazione di riscatto che solo chi ha perso tutto può provare.

Estraendo la lama dal corpo esanime del funzionario lo osservò cadere a terra come un oggetto qualsiasi, mentre la musica svaniva insieme al palpitare inquieto del suo cuore e la pioggia tornava a risuonarle nelle orecchie con il suo tamburellare simile a una ninna nanna. Drusinua si volse a guardare i cadaveri che il suo cuore aveva lasciato davanti all’Altare dei Giudici e poi sollevò lo sguardo verso il cielo che non smetteva di riversare su di lei quella pioggia battente, in silenzio.
Stupefatto, come tutti i presenti, dall’esito dell’ordalia, l’Alto Giudice sapeva però di non essere lì in veste di semplice spettatore e solennemente accolse il verdetto che le lame avevano emesso per lui.

“Allieva Drusinua..” Cominciò “Amryza ti ha giudicata. Sei degna di servirla. E ti porgo i ringraziamenti a nome dei tuoi fratelli per averci impedito con il tuo coraggio di commettere l’errore di assolvere dei traditori e di condannare una guerriera così valida” Per diversi istanti Drusinua non fece altro che tenere il suo viso esposto a quella pioggia lavando via il sangue e la terra. Poi si volse verso i suoi giudici

“Come fate a essere certo che non sia io la traditrice? Non ho fatto altro che trucidare i miei accusatori…”

“Ho visto come ti muovevi su quel campo: ho visto i tuoi occhi. Il tuo desiderio di servire la Madre è stato più grande del loro… e più grande del desiderio di continuare a vivere. Per questo Amryza ti ha scelta per essere la vincitrice. Noi ci rimettiamo solo al suo Giudizio.”

Un poco di quel sarcasmo triste che era stato del suo cantore, le scivolò dentro costringendola a un amaro sorriso: proprio dimenticando nel modo più totale i suoi incompleti desideri di obbedienza e di fedeltà, proprio ora che aveva capito quanto fosse inutile dimostrare di avere ragione brandendo una spada… Ecco che ci era riuscita.

Lei era degna di Amryza. Lei era la più abile. Lei era nel giusto. E Lelenia giaceva in una pozza di fango sconfitta… no: morta.

Ma non c’era alcuna felicità ora. La vendetta non le aveva scaldato il cuore, aveva solo bruciato i suoi nemici. E il mondo non era tornato caldo ora. Era ancora lo stesso posto freddo e crudele che le aveva portato via l’unica persona gentile che avesse mai conosciuto. Era lo stesso posto dove gli Angeli non avevano casa se non nel cuore di elfi costretti all’esilio dai loro fratelli. Dove la gentilezza era considerata una debolezza… e invece era l’unica vera forza. La stessa forza che aveva permesso di danzare come i grandi guerrieri a un’allieva incapace.

Amryza non aveva nulla a che fare con tutto ciò… o forse sì… In fondo era quello che le aveva detto lui: Lei era Amryza. La Verità era Amryza. Quel suo terribile Desiderio in fondo al cuore era Amryza.

In fondo al cuore dove giaceva quel tenero bagliore che lui aveva piantato. Quello più di tutto era Amryza. E non era scritto in nessuna dottrina, non era raffigurato in nessuna statua. Non era pronunciato in nessuna invocazione. Ed era quello… era quello tutto ciò che era rimasto degli Angeli. Incastonato dentro la tristezza che la sua perdita le aveva lasciato. Una lacrima così fredda che bruciava più del fuoco. L’unica lacrima… L’unica lacrima che sarebbe stata versata per quel cavaliere… Tutti provavano il freddo che quel mondo grigio che avevano creato spargeva nei loro cuori: Giudici, funzionari, allievi, sacerdoti… E tutti loro si sarebbero avvolti in cerca di un po’ di sicurezza in una grigia coperta che chiamavano così impropriamente “La Gloria di Amryza”. Ma di quell’ultimo frammento di Angeli di cui avevano fatto tanto in fretta a sbarazzarsi, nessuno si sarebbe accorto… Nessuno si sarebbe accorto che lei non aveva vinto, ma che tutti quanti avevano perso… Nessuno avrebbe pianto per quella sconfitta… A parte lei… A parte Amryza, forse… A parte gli Angeli che se ne erano andati per lasciarli crescere con le loro forze…

“Date un mantello a quella ragazza” ordinò infine il giudice, vedendola ferma in piedi in mezzo alla pioggia immersa nei suoi pensieri “Non lasciate che la pioggia la bagni ancora” Le sentinelle di guardia furono leste ad obbedire e a portarle quel riparo di stoffa… Ma lei le fermò. Con il viso rivolto al cielo, la pioggia che le rigava il volto trascinando con sé anche le sue fredde lacrime, Drusinua voleva rimanere sola con gli unici che condividevano quel suo pianto, quel suo dolore.
“No….” Disse “Non voglio ripararmi… Questa non è pioggia… Queste sono…

…Le Lacrime degli Angeli