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-Soundtrack: Cry
…Dopo quello stupendo giorno in cui io e John ci dichiarammo la mia vita divenne ancora più luminosa, cosa che non ritenevo possibile. Egli però seppe insegnarmi che, se è vero che raramente c’è fine al peggio, gli uomini possono costruirsi con le loro forze un futuro felice, liberi da qualunque convenzione o restrizione. Naturalmente la nostra relazione rimaneva segreta, nascosta agli occhi di coloro che certo non avrebbero capito la profondità del sentimento che ci univa. Ma ugualmente ci frequentavamo spesso, tanto che oramai io ero in pianta stabile alloggiata a casa sua, ritornando alla mia dimora solo per le occasionali ispezioni o per i giorni in cui lui doveva andare fuori città per motivi di università… ma anche in questi casi talvolta io rimanevo da lui e tenevo in ordine la casa, aspettando il suo ritorno. Inoltre, tanta era la nostra voglia di stare insieme che ben presto cominciammo a ritagliarci dei momenti per noi anche a scuola, durante i cambi dell’ora o l’intervallo… Sempre lontano da occhi indiscreti, si intende… Non comunque che ci fosse poi così tanto da nascondere, John non mi avrebbe mai, per così dire, “messa nei guai”, riteneva che fosse meglio aspettare per certe cose, come era giusto che fosse, perché in fondo io ero veramente giovanissima ed il nostro sentimento era troppo profondo e bello per rovinarlo con un’esperienza carnale a un’età in cui non ero ancora certo matura per la cosa… Io apprezzavo che la pensasse così, significava che mi amava davvero molto e che non era un poco di buono, come di certo avranno pensato alcuni di voi, che voleva solo approfittare di una ragazza in un momento veramente difficile.
Da parte sua, John sembrava non soffrire minimamente del fatto che il nostro rapporto fosse in pratica esclusivamente spirituale ed intellettuale e, quando mi guardava, potevo vedere una purezza di sentimento nei suoi occhi che ignorava la carne e apprezzava la mia figura solo come espressione esterna della persona che amava. Specie le mattine, in cui mi preparavo per andare a scuola, per quanto le lunghe magliette con cui andavo a dormire non fossero poi tanto lunghe, o per quanto le camicie di lui, che saltuariamente sostituivo alle magliette, avessero sicuramente deficienze nel coprire tutto, mai vidi nei suoi uno sguardo diverso da quello di quando mi vedeva al parco mentre passeggiavo di tutto punto vestita…
Le nostre giornate ed i nostri incontri erano fatti più che altro di lunghe chiacchierate, impegnate o meno, di lunghi e calorosi abbracci, di letture di pagine su pagine dei suoi testi tanto interessanti (ah, quante volte mi ricordo distesa sul nostro letto mentre, mento sulle mani e sgambettando, mi immergevo nello studio dei libri di testo della sua biblioteca, con lui che mi spiegava le parti che io, in quella corsa all’apprendimento, non potevo afferrare…). John sembrava infatti davvero affascinato da tutta la mia voglia di apprendere e, sempre di nascosto ed in forma privata, si prendeva cura della mia reale istruzione che era ormai molto più avanti di quella di tutti i miei compagni e che già giungeva a toccare anche alcuni dei testi universitari. Lo faceva con grande dolcezza, coprendo tutte quelle lezioni, che ad alcuni potrebbero sembrare noiose, con un velo di zucchero d’amore, spiegandomi e leggendo le cose non certo in una grigia sala scolastica, ma sotto verdi alberi e su suggestivi ponticelli in legno che attraversavano limpidi ruscelli. Affascinato anche dalla mia perfetta figura e dalle mie doti atletiche, continuò a guidarmi anche nella cura della mia forma fisica, facendomi prendere parte ai suoi allenamenti (durante i quali scoprii che a sua volta era un atleta di proporzioni insospettabili per un comune professore di storia). Per quanto tanto limpido e puro fosse il nostro rapporto era reso un poco più piccante da quella nostra complicità di portare avanti il nostro sentimento di nascosto, condividendo un segreto tanto bello e tanto oscuro a tutti quanti. I nostri momenti insieme erano ritagliati in angoli ombrosi dei parchi o in sezioni dimenticate della scuola o nella sua casa con le tende tirate e se anche ciò che facevamo non si poteva certo definire osceno, era reso più “intrigante” da quel senso di proibito. In fondo i gesti più “intimi” e “calorosi” che ci scambiavamo erano certo quei timidi ma intensi baci con cui di tanto in tanto, ma non troppo spesso per non rovinare la preziosità di quel gesto, intercalavamo una corsa o una spiegazione o con cui suggellavamo un temporaneo congedo, per fare in modo che il momento fosse meno doloroso…
Purtroppo (o per fortuna, chi può dirlo?) fu proprio durante uno di questi bellissimi momenti che la nostra vita insieme subì un tremendo scossone…
-- Una risatina argentea risuonò sommessa tra le piastrelle del pavimento e delle mura, mentre lo stropiccio dei vestiti la accompagnava con discrezione…
“…Luna… Non dovresti essere qui…” Fece John bisbigliando, mentre stringeva con amore a sé la ragazza e la coccolava dolcemente, chinando il capo sulla spalla di lei per assaporare il dolce profumo che si levava dai suoi capelli e dalla pelle candida, non potendo trattenersi dallo sfiorare un poco quel dolce raso con le labbra “…E’ il bagno dei professori…E’ proibito agli studenti entrarci…” Luna ridacchiò sottovoce, forse per il solletico sul collo, forse per l’ironia di lui
“Oh, non preoccuparti…” Replicò lei in un sospiro, mentre abbracciava le forti spalle del ragazzo, carezzandolo e accoccolandosi contro il suo petto, spingendolo ad appoggiarsi con la schiena contro il muro piastrellato e soffiandogli dolcemente sull’orecchio tra una risatina e l’altra “Se mi pescano qui mi sa che quella sarà l’ultima cosa che avranno da ridire…”
“Hai commesso un’imprudenza a venire qui dentro…” la rimproverò senza però smettere di abbracciarla e carezzarla teneramente “…Come ti è saltata in mente una cosa del genere?”
“…Ti ho visto da fuori della vetrata della sala professori mentre entravi in bagno… Ho sentito che hai una riunione e ho pensato che non avremmo potuto tornare a casa assieme, così sono sgattaiolata dentro senza farmi vedere… Non potevo sopportare di andarmene senza un saluto come si deve…” John sollevò il capo e la guardò in quegli stupendi occhi pieni di amore
“…Sei proprio una ragazzina indisciplinata… Ora vai prima che ti scoprano, e fai attenzione a non farti vedere…” Lei annuì ubbidiente
“Sì… Spero che non ti annoi alla riunione e ti auguro buona fortuna per quel posto da titolare che si è liberato… Ti aspetto a casa…”
“Va bene…” Acconsentì lui, poi la cinse per la vita, mentre lei gli avvolse le braccia attorno al collo e si scambiarono un amorevole bacio pieno di dolcezza e sentimento, gli occhi chiusi per abbandonarsi vicendevolmente all’altro… Ma proprio in quel momento, la serratura della porta scattò e ruotando sui cardini si aprì improvvisamente, rivelando dietro di sé il volto di un inconsapevole professore dagli anni avanzati, i cui occhi si ingrandirono dietro agli occhiali, riempiendosi di incredulità. I lineamenti del volto ben riflettevano l’animo scandalizzato dell’uomo mentre fissava i due giovani che, appoggiati al muro del bagno, stavano appena staccando le labbra per voltarsi di scatto verso la porta…
…E’ inutile dire che quell’evento scatenò un macello di incredibili dimensioni, specie per una scuola tanto rigida e conservatrice come quella, ma ad essere sinceri, dubito che la cosa sarebbe andata diversamente se fossimo stati in qualunque altra scuola del mondo. L’elemento scandaloso era difficilmente attenuabile: un professore ed un’alunna avevano una storia insieme e su questo c’era poco da discutere. Inoltre, l’evidenza era davvero innegabile: io e John ci stavamo baciando senza alcuna ombra di dubbio, nemmeno la famosa storia del bruscolo nell’occhio poteva reggere questa volta e il professore ci aveva visto fin troppo bene per tentare un fraintendimento. Come se non bastasse, la cosa fu ingigantita dal fatto che l’episodio fosse avvenuto all’interno dell’edificio scolastico che dovrebbe essere un sacrario del sapere e del perfetto comportamento morale…
Non che io me ne vergognassi, amavo John sul serio, non era una semplice cotta adolescenziale e per me la differenza di età, che tra l’altro era piuttosto esigua, non significava proprio nulla. Tuttavia mi sentivo davvero colpevole, perché sapevo che certo quei professori non la pensavano come me e che se io non mi fossi lasciata trasportare, a John non sarebbe capitato nulla, visto che chiaramente fu lui ad essere accusato di essere un maniaco che seduceva una sua studentessa. Non che non ne avessero anche per me a cui diedero in un primo momento della ninfomane, poi, portati forse dalla pietà e dall’intenzione di ingigantire la responsabilità di John nella cosa, della semplice sprovveduta e complessata che si lascia strumentalizzare da un malato solo perché non riesce ad avere un rapporto normale con i coetanei (non che questa definizione fosse poi tanto più lusinghiera della prima, a ogni modo…).
Il preside della scuola ci chiamò quasi istantaneamente a colloquio e riversò su di noi tutte le suddette considerazioni, supportato da un paio di professori anziani eletti sul momento difensori del secolare buon costume della scuola. Quando io mi rifiutai di accettare tutte quelle infamie senza rispondere e spiegai chiaramente che io non mi stavo facendo usare da nessuno, che John era tutt’altro che un malato, come risultava dai suoi brillanti successi nell’insegnamento, e che il nostro rapporto non aveva nulla a che fare con la torbida relazione che loro volevano credere, ottenni ben pochi risultati: anche se mi videro piuttosto convinta ed impenitente di quello che stavo facendo e dicendo, di certo questo non cancellò la loro idea che tra un professore ed un’alunna non dovrebbe intercorrere alcun tipo di scambio emotivo, limitandosi l’uno a passare informazioni all’altra. Figuriamoci poi se era contemplabile l’allacciare una relazione amorosa tanto clandestina…
Per il terribile crimine di amarci in una maniera tanto vietata (da chi poi?), il preside decise fermamente che era necessario un provvedimento esemplare e che per tanto ci avrebbero separati anche a forza se necessario, spedendo via John dalla città o semplicemente licenziandolo (visto che in quella città tutti quelli non ricchi a sufficienza da permettersi di non lavorare erano considerati solo come ospiti fino al momento in cui non servivano più alla corporazione, nel qual momento venivano espulsi dalla proprietà). Così fu che, sebbene avvilita al limite estremo e privata di ogni speranza di poter vincere una battaglia in cui nessuno sarebbe stato dalla nostra parte, riuscii a realizzare una soluzione alquanto incredibile
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