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Gli occhi di Sara dovettero lottare
parecchio per aprirsi, perennemente tentati dal richiudersi di nuovo per
tornare al sonno riposante, ma infine il cervello si riattivò,
stimolato dai rumori nella stanza, ma ebbe tuttavia un duro affare nel
dover rimettere insieme i segnali doloranti e inconcludenti che gli
arrivavano dal corpo e dalla memoria; così buttò lì un esame casuale
del paesaggio, ordinando al
capo di voltarsi verso sinistra per dare un’occhiata alla stanza. A
pochi metri dal letto, dove Sara pensava di essere distesa, una figura
poco discernibile ai suoi occhi stanchi stava trafficando con qualcosa
sopra a un tavolo, no, forse solo un comodino… beh, poco importava…
«Uuuuh…» Biascicò debolmente lei, alla volta della figura. Rosa si
voltò, piacevolmente sorpresa, e si avvicinò alla convalescente
«Ah, ben svegliata! Cominci a sentirti meglio?» Chiese la donna
sedendosi sul fianco del letto
«Uh…» Mugugnò la giovane, sollevando la schiena dal letto, dovendo
puntellarsi con i gomiti avendo trovato l’operazione piuttosto
dolorosa a causa delle ferite e piuttosto difficile a causa dei bendaggi
che la avvolgevano
«Calma, non ti affaticare…»
«Do… Dove sono?» Fu la sua prima domanda coerente
«A casa mia nel bel mezzo del nulla… Ora non ti sforzare, sei ancora
debole… Te la sei vista brutta… per fortuna che abbiamo sempre un
dottore a disposizione, anche lui ha detto che è stato un miracolo se
ti sei salvata… Se non ti avesse trovato Earl a quest’ora
probabilmente non ci saresti più… a proposito… Ti ha fatto
qualcosa? Earl, intendo…» Sara prese fiato, cercando di ricostruire
«E… Earl?» Chiese dubbiosa
«Sì, il grassone col furgoncino che ti ha riportata qui… Non ti ha
messo le mani addosso, vero?»
«N… No… Almeno credo… Ma… Dovrei… Dovrei controllare»
Rispose a fatica, cercando di reggersi a quel debole filo di logica che
teneva il discorso… «Che… Che è successo?»
«Devono averti sparato, ragazza mia. Ti abbiamo steccato la gamba,
per un po’ non potrai muoverla, ma il proiettile è entrato e uscito
senza toccare neanche l’osso, sei fortunata, non è roba grave… Più
che altro sono i traumi sul resto del corpo, il fiume deve averti trascinato per un bel pezzo…
Nessuna idea su come sei finita in questo macello?» Sara portò una
mano bendata sulla fronte, più tentando di ricacciare giù
nell’inconscio i ricordi, anziché farli affiorare, ma non vi fu
verso: la sua mente era rimasta dannatamente troppo lucida e non voleva
rimangiarsi tutto quel sangue e quell’orrore. La mano andò a coprire
il volto, mentre il respiro si faceva affannato e spezzato come quello
di una preda inseguita e la crisi di pianto la riprendeva senza potersi
fermare…
«Piccola, piccola, che c’è?» Chiese Rosa con tono materno,
stringendola in un debole abbraccio per non urtarle i punti doloranti
che si estendevano per gran parte del corpo. Per diversi minuti, Sara
non fece alto che piangere e singhiozzare disperata, rivivendo
l’orrore di quei brevi istanti che l’avevano resa orfana,
schiacciata dalla consapevolezza della sua impotenza e
dall’ineluttabilità dell’evento, per quante volte potesse ripensare
all’accaduto e per quanto si imponesse di rimanere razionale, la
situazione la schiacciava in una morsa senza scampo che non le lasciava
alcuna alternativa: i suoi genitori ed i suoi fratelli erano morti,
morti e stramorti, non c’erano possibilità d’errore, nessun dubbio
di sorta, nessuna speranza che poteva consolarla su un possibile
sviluppo positivo della vicenda. L’assassino era solo una vaga ombra
nella coda del suo occhio ed una voce stridula e sarcastica nelle sue
orecchie, tra l’altro ora distante chissà quanto, se non, ancora
peggio, sulle sue tracce per completare la sua «collezione»… Tutto
quello che l’aveva accompagnata e che Sara aveva costruito in
diciassette anni di vita se ne era andato in un attimo, nemmeno il tempo
necessario di accorgersi di cosa stava accadendo e tutto era andato
perso come se non fosse mai esistito… Cancellato in un sol colpo dalla
mente malata di un folle che aveva voluto così riempire il suo tempo
giocando a fare dio con le vite della sua famiglia e quasi anche con la
sua… Rosa non poteva fare altro che cullare la ragazza nel debole
abbraccio e sussurrarle debolmente alcune parole dolci, tentando di
calmarla, reclinandole il capo sulla sua spalla, per simulare
l’abbraccio materno che lei non sapeva perso per sempre… Infine però,
anche Sara si stancò del suo pianto, anche se a più riprese i
singhiozzi si fecero più bassi solo per poi riprendere con ancora più
forza, ma alla fine, la stanchezza prevalse e il pianto si trasformò in
lamento…
«Ti va di parlarne?» Chiese Rosa amorevolmente «É meglio se ti
sfoghi, piccola…»
Sara sollevò un poco il capo, rivolgendole lo sguardo disperato, alla
ricerca di un qualunque appiglio per potersi risollevare e, negli occhi,
vissuti ma buoni, di Rosa, ne vide uno… Così con voce rotta dal
pianto si mise a raccontare…
Sara raccontò tutto, per quanto «tutto» si potesse definire quel
fulmine di distruzione che le era comparso davanti strappandole tutte le
persone care… Raccontò della madre morta riversa sul tavolo, con una
pallottola in testa, raccontò del fratello, con le gambe amputate, del
cadavere del padre che le parve di aver visto giacere con ancora una
espressione di massimo orrore sul volto e delle macchie rosse sulle
foglie e sugli alberi che forse erano tutto ciò che rimaneva di Joey.
Quando ebbe terminato, il suo capo poggiava ancora sulla spalla di Rosa
e il suo singhiozzo non aveva ancora abbandonato il fiato…
«Povera piccola… Che cosa orribile… tutto per colpa di un pazzo…
Vuoi… Vuoi che chiamiamo lo sceriffo?» Sara tacque, ponderando con la
ragione racimolata ciò che adesso la attendeva…
«N… No… Se … Se sapessero quello che mi è successo mi… Mi
affiderebbero a qualche … Qualche assistente sociale… O a un
orfanotrofio… Non… Non voglio…Poi quel Pazzo criminale… Non lo
troveranno mai…»
«Povera… Povera piccola» Ripeté Rosa «Hai ragione, la legge non
aiuta mai chi ne ha davvero bisogno… Puoi restare qui fino a quando
non guarisci, va bene? Mi prenderò io cura di te…» Sara la fissò un
po’ disperata, ma di certo, anche se non era sua abitudine accettare
un simile favore da uno sconosciuto, aveva ben poche altre alternative;
pertanto annuì, singhiozzando tra le labbra piegate in una disperata
espressione «Ah, perfetto, non ti preoccupare, non ti farò mancare
nulla, sarai come a casa… Tu pensa solo a riprenderti e a stare
bene…»
«Si… Sicura che non disturbo?» Chiese lei timidamente
«Ma no, che dici? E poi non possiamo mica lasciarti andare nelle tue
condizioni… starai qui a casa mia fino a che vorrai, sarà un piacere
avere un’ospite dopo tanto tempo… Anzi dovrai scusarci tu, sai
com’è, in questo posto non si può fare molto i sottili con i vicini
e i nostri sono dei veri e propri scalmanati… Spero tu non sia
troppo… troppo all’antica, perché abbiamo vicini che la notte ci
danno dentro… Spero non ti disturbi…» Sara la guardò con una
goccia di perplessità che si infiltrava nella desolazione del suo
sguardo… Poi capì, ma sinceramente, in quel momento davvero non
poteva importarle di meno di quello che facevano gli altri, così scosse
il capo e chinò nuovamente lo sguardo…
Aveva proprio ragione, Rosa… I vicini erano sul
serio degli scalmanati, non fu una sola la notte in cui mi svegliai e
potei sentire i rumori dei loro accoppiamenti attraverso le sottili
pareti di legno…Di tanto in tanto, mi sembrava di distinguere più di
due voci, indice che dovevano aver invitato a casa anche qualche loro
amico, ma… Sinceramente imparai che bastava girarmi sull’altro
fianco, quando smise di farmi male, e ignorare quei rumori per poter
dormire tranquilla… Rosa era veramente gentile. Forse cercava in me una
figlia che non aveva mai avuto… Un bell’affare per entrambe,
comunque, visto che lì io avevo tutto il tempo che volevo per
rimettermi in sesto… oltre a Rosa, l’unica altra persona che vidi
era un uomo, Bob credo, che forse era il marito di Rosa, non glielo
chiesi mai, perché nel caso stessi sbagliando, avrei fatto proprio la
figura della scema… Comunque Bob per me era poco più che un fantasma,
lo vedevo solo di tanto in tanto, quando la porta della mia camera
rimaneva aperta e lui ci passava davanti, lanciandomi giusto
un’occhiata, mentre parlava, con uno sguardo un poco addormentato,
prima che Rosa si affrettasse a richiudere la porta…Sebbene il tempo
che passava servisse egregiamente a rimettere insieme il mio corpo, non
potevo dire altrettanto della mia testa, che sembrava non riuscire a
scrollarsi di dosso quelle immagini e spesso mi ritrovavo sveglia la
notte a piangere ritornando con il pensiero a quei momenti di sangue, ma
nel frattempo, la mia mente non riusciva ad abbandonare nemmeno il senso
di impotenza per ciò che era successo e si fece largo un desiderio di
vendetta che non avevo mai conosciuto prima, che a sua volta, non
potendo sfociare in alcun tipo di azione, finiva solo per ingigantire il
senso di impotenza… Oltre a questo, cominciavo a preoccuparmi di
faccende più mondane… Ora che ero rimasta sola, dovevo cominciare a
pensare a come tirare avanti, in un attimo era arrivato per me il
momento di cavarmela da sola, priva di qualunque appoggio o aiuto: che
avrei fatto, una volta guarita ed in grado di andarmene?
«Che ti succede, signorina?»
Domandò Rosa, mentre svolgeva le consuete pulizie nella camera di Sara
«Niente… É solo che… Tu sei molto gentile Rosa, non mi fai mancare
davvero niente, ma… Non riesco a stare bene…» Rosa sospirò e si
sedette sul letto di fianco alla ragazza che aveva appoggiato sulle
ginocchia un libro
«Che c’è, piccola? Hai voglia di parlarne?»
«È solo che… ogni volta che comincio a sentirmi bene… Ogni volta
che cerco di sorridere… Mi viene in mente quello che è successo là
e… E mi viene da piangere» Disse mentre appunto una lacrima si
affacciava sul volto «Insomma, voglio dire… Io sto qui, come se
niente fosse, a leggere i libri mentre... Mentre la mia famiglia… È
morta…» Singhiozzò oramai vicina al pianto «Perché… Perché è
stata ammazzata da un pazzo criminale… Che diritto ho io di essere
ancora viva? Che… Che diritto ho io di stare qui tranquilla su di un
letto… Mentre… Mentre loro sono… Sono morti…»
«Ascolta…» Cominciò Rosa prendendole la mano tra le sue, per
calmarla «…Non c’è bisogno che te lo dica io per farti capire che
questo mondo… Non gira secondo delle regole giuste… Gli uomini forti
prendono ciò che vogliono e i deboli cercano di cavarsela come
possono… Sei una ragazza troppo intelligente per cercare di dirti una
bugia grossolana del tipo… «È stata la volontà del Signore…»
…Non ci vuole un genio a capire che se ci fosse un dio, non avrebbe
mai permesso che capitasse una cosa così terribile a te, che sei una
ragazza tanto innocente… La verità è che in questo mondo siamo ognuno
per sé, non c’è nessuna ricompensa divina per chi sceglie di fare il
bene anziché il male, però… Questo non significa che bisogna
smettere di fare del bene. E' vero: siamo soli su questo stupido
pianeta, ma quando si aiuta una persona, diamine, c’è la riconoscenza. Quella è una cosa che neanche una
vagonata di soldi può comprarti! Non c’è quantità di soldi che ti
può dare la felicità, perché più ne hai, di soldi, più ne vorresti,
e credi sempre di stare meglio, ma invece non fai altro che riempirti di
vuoto, ho visto tanti
ricchi, io, nessuno di loro aveva uno sguardo felice, soddisfatto forse,
ma non felice, e sai perché? Perché non avevano niente a parte il loro
sporco denaro… Proprio perché siamo tutti soli le cose davvero
importanti sono quelle cose che si hanno solo se si sta assieme, come
l’amicizia, l’amore e via dicendo… Tu adesso hai perso tante cose
davvero preziose, è normale che tu ti senta avvilita… Significa che
gli volevi davvero bene, che erano il tuo tesoro… Adesso, però, è anche importante sapere guardare avanti. Questo è un mondo che non
perdona e che non ha pazienza per chi si lascia cadere… Bisogna essere
forti e saper rassegnarsi. Nulla dura per sempre, lo sai, no? Se non
fosse stato adesso, sarebbe stato in un altro modo… in un altro
giorno… Ma sarebbe comunque successo… Tu non puoi farci nulla, è il
caso che fa da vero padrone su questo mondo… Per caso è dovuto
succedere tutto questo a te, per caso ti sei salvata… Non c’è
alcuna ragione… Non c’è motivo nel tuo strazio, dovrai saper
convivere con tutti gli aspetti di questo dramma… Non potrai fare
finta che non ci siano stati, perché se gli volevi davvero bene non te
li dimenticherai mai, ma non puoi fermarti qui. Hai l’occasione di
andare avanti, è inutile sprecarla, bisogna rialzarsi e camminare
dritti, se ti guardi indietro è finita, inciamperai di nuovo e dovrai
rialzarti ancora… Le lacrime non ti serviranno a nulla… Accetta
tutto quello che viene come quello che è… Un disordinato cozzare di
cose che non hanno né senso né direzione… Accettale e vivi la tua
vita, è già abbastanza difficile pensare al futuro, figuriamoci
pensare anche al passato… Hai pianto tanto per loro, perché sentivi
che questo era tutto quello che potevi fare per loro, ma adesso che hai
fatto tutto ciò che potevi, devi pensare a te stessa, perché, te
l’ho detto, siamo soli a questo mondo, e i morti non ritornano e non
ti aiutano, devi saper pensare a te stessa e occuparti di quello che
viene giorno per giorno…» Sara la guardò, il respiro calmato, gli
occhi ancora lucidi, poi strinse le mani intorno a quelle della donna e le portò alla fronte, ringraziandola silenziosamente per il
coraggio che le aveva dato…
Rosa era una donna vissuta, si vedeva che non
aveva una grande istruzione, però di cose doveva averne imparate dalla
vita… Se non ci fosse stata lei in quel periodo, penso che non ne
sarei mai uscita da quella crisi. Era una donna forte, di carattere…
Disillusa, ma allo stesso tempo ottimista, era ammirevole quanto duro
lottasse per non abbandonare mai quella carica positiva che trasmetteva
agli altri…Era davvero un brava persona, che, come avrebbe detto lei,
se ci fosse stato un dio si sarebbe meritata di meglio di quel buco
sperduto in cui viveva… Io nel frattempo, cominciavo a seguire il suo
consiglio, prendendo ogni giorno come veniva, lasciandomi contagiare
dall’ottimismo di Rosa, vedendo in ogni nuovo giorno nuove possibilità
e quando mi veniva da pensare alla mia famiglia, mi dicevo che non
potevo farci niente e che dovevo tirare avanti… Serviva un poco,
almeno per non farmi mettere a piangere ogni volta che succedeva… Ma,
come diceva sempre anche Rosa, quando voli troppo in alto, ci deve
essere sempre qualcosa che ti riporta a terra…
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