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“Voglio cominciare a dipingere…” Mormorò serafica come un sussurro nel vento. “…E’ così meraviglioso questo Buio… È proprio come mi avevi detto… È non è vuoto… È Libero… Un’infinita tela da dipingere con la mia anima… Per creare una stupenda opera… Voglio cominciare il più presto possibile… Non sopporterei di lasciarla vuota, ora che so cosa ne posso fare”
“Dovremo andare, allora…” Le rispose la sua tutrice poggiandole la candida mano sulla spalla.
“Dove?” Chiese solo la giovane, con la sorpresa che si mischiava con l’entusiasmo.
“Dove potrai imparare quali sono i colori di cui hai bisogno per la tua opera… Hai paura?”
“Mai più” Rispose lei in un fiato. Gli occhi Notturni della sua compagna si flessero per un solo istante in un’espressione indecifrabile, come se fosse stata sul punto di dirle qualcosa, ma nulla seguì a quello sguardo.
“Prima di cominciare dovremo allora chiudere i tuoi conti” Disse solo con assoluta regalità.
“Io…” Tentennò nuovamente incerta “…Non ho più nulla di ciò che avevo prima…” Disse confusa, certa che questa fosse verità e che non fosse sconosciuta alla Notturna tutrice.
“È vero, ma qualcuno possiede ancora qualcosa che ti apparteneva” L’Oscura allieva rivolse il capo incerto verso il basso, pensando alle altre tre sorelle e come potesse aver lasciato a loro qualcosa di tanto repellente, ma l’altra giunse subito a correggerla. “No, stai cercando nella direzione sbagliata…” Consigliò sapendo dove si rivolgeva il pensiero della giovane “…Anche se capisco il motivo del tuo errore” Il viso Oscuro si risollevò verso di lei per chiederle di svelarle la risposta che non da sola non trovava. “È pregevole la sintonia che hai trovato con questo luogo. È meritevole che il tuo pensiero non riesca ad abbandonare i suoi confini… Ma dovrai riuscirci se vorrai trovare nuove risposte… o meglio, nuove domande…” Per un attimo atroce e interminabile, la mente della ragazza si sforzò di non pensare a quel luogo che l’aveva salvata, tentando di sondare le altre alternative che ora non potevano che risultarle come spregevoli menzogne.
“Io… Devo… Tornare?” Pronunciò quasi con sofferenza, mentre cercava nello sguardo Notturno sopra di lei la conferma a quella paura.
“Sì. Devi tornare da dove sei venuta per raccogliere gli ultimi frammenti che ti legano ai tuoi vecchi errori… i frammenti di ricordi che quelli che conoscevi conservano di… te…” Disse sospendendo la frase, lasciando intendere che quell’ultima parola era solo una metafora per descrivere solo un vecchio guscio vuoto.
“Ma… È possibile?”
“Non temere, “Tornare” non è a dire il vero il termine corretto… Non lascerai davvero questo luogo… Come ti ho detto, oramai è impossibile… Ma dovrai spingerti ai suoi confini, tanto da poter arrivare vicina al luogo da cui provieni”
“Sarete con me? Credo di aver bisogno della vostra guida…”
“Sì, per quanto possibile ti seguiremo”
“Per quanto possibile?”
“Sì, tu farai poca fatica a recarti da dove sei venuta. Hai distolto lo sguardo da poco e di certo, per quanto odiosa, la sua immagine è ancora abbastanza chiara nella tua mente… Non posso dire altrettanto per me… Ma ti attenderò il più vicino possibile e non ti perderemo mai di vista… Suspiria camminerà al tuo fianco…” Quel nome le sibilò nell’orecchio come il ricordo del cinico sarcasmo proprio della sua sorella dalla fulgente criniera verde.
“Suspiria…” Si trovò costretta a riecheggiare insieme al sibilo…
“Sì, di noi è colei che più sa avvicinarsi ai tuoi luoghi di origine… Suppongo che presto comprenderai perché” Disse la Notturna figura anticipando la sua curiosità sulla sorella.
Per qualche istante la giovane Oscura distolse il suo sguardo dalla sorella per tornare alla Tela vuota di fronte a sé, cercando l’ispirazione per quel passo che le sembrava invero difficile… Si lasciò poi scivolare un poco, riaffacciandosi su quell’infinita luminescenza che aspettava di essere creata, riaffacciandosi sulle sue potenzialità, su quanto la sua Anima potesse brillare. La Visione la pervase con una forza ristoratrice, cancellando le paure dal suo cuore: lasciare quella stupenda immagine non realizzata era qualcosa che temeva ben più di qualunque altra cosa e, forte di ciò, tornò in sé serena e decisa.
Si sollevò infine, pronta per questo suo primo viaggio e per essere guidata dalle sue sorelle verso il primo tocco su quella tela bianca. Con un cenno del capo, l’Oscura allieva si dichiarò in grado di seguire la sua Maestra e questa, senza dire altro, si voltò e prese a camminare lungo le buie vie di quel luogo. a ogni passo, la giovane ascoltava il silenzio delle strade deserte e lasciava che la senzazione delle vecchie costruzioni la avvolgesse come un confortante manto, raccogliendo dentro sé quella sensazione di quiete per esserne carica quando avrebbe dovuto separarsene. La strada, come un fiume di seta, la accarezzò e la trasportò con sé, fino a consegnarla a una piazza che la accolse come il grembo di una madre cinerea. Quello era il luogo che l’aveva vista morire e risorgere, quello era il cuore di quella tenebra, era il ventre che accudiva le sue quattro sorelle ed ora… accudiva anche lei… Davanti a un vecchio Bistrot dalle serrande abbassate, le sue sorelle la attendevano elegantemente sedute ai tavolini perfettamente ordinati, probabilmente “ascoltando il Silenzio” così come aveva imparato a fare lei… La sua rossa guida non ebbe bisogno di altro che un cenno per chiamare a sé le compagne che, rispondendo al suo richiamo silenzioso, si sollevarono con calma e regalità per giungere al loro fianco. Come un solo spirito, le cinque figure si mossero serpeggiando lungo quelli che una volta l’Oscura inizianda aveva chiamato tetri… Ora era lei a condurre le sue tutrici… Istintivamente sapeva che non doveva cercare un vero e proprio sentiero per raggiungere la sua orribile meta, ma qualunque direzione avrebbe fatto al caso suo, fintanto che avesse tentato di giungere lontano… Quel luogo non aveva dimensione: era immenso ed infinito come lo era il suo animo. Non avrebbe potuto raggiungerne i confini solo camminando, ma avrebbe dovuto forzasi di
ricordare quei luoghi falsi che aveva lasciato perché si sostuissero a quella sincera visione… All’inizio furono solo dei piccoli particolari a cambiare: gli incombenti palazzi avvolti nella penombra notturna e ornati con inquietanti figure cominciarono a essere intercalati con degli squallidi edifici grigi e privi di ogni fascino, poi, le cose peggiorarono davvero. L’aria stessa parve diventare viscosa, appiccicandosi al suo viso ed al suo corpo come un velo colloso, rimanendole addosso e lasciandole la sensazione di essere sporca e invischiata in una orribile ragnatela… Aveva visto e abitato così poco quel luogo puro e meraviglioso e già percepiva la realtà che si stava avvicinando in questo modo meschino e repellente… Non la meravigliava il fatto che le sue sorelle più legate al mondo oltre la Linea trovassero così difficile avvicinarsi a quel mondo: se per lei quel confine era un velo appiccicoso, per loro che erano tanto pure doveva essere quasi un muro… Nonostante ciò, esse non recedevano dal suo fianco, anche se quando le guardava aveva la netta impressione che il mondo intorno a loro non stesse subendo lo stesso cambiamento osceno che si presentava a lei… era come se camminassero… di fianco… di fianco a un sipario che lei invece stava attraversando… Benché continuassero a camminare a un passo da lei, esse rimanevano distanti… distanti da quel palco dove si recita una vita di menzogne… quel palco su cui lei era stata attrice per così tanto atroce tempo… quel palco su cui adesso doveva “tornare”…
Fu una macchina che infine la risvegliò dalla rigenerante visione delle sorelle… Davanti a lei la bella strada di ciottoli era oramai diventata una desolante lastra di asfalto e la membrana che l’avvolgeva le portava i mefitici odori che una volta riteneva sinonimo di “vita” o, meglio, di “sballo”. Non poté trattenersi dal ritrarre un attimo il capo da quell’ondata di sensazioni così fastidiosa, poi fece appello alla sua forza di volontà per non tornare all’accogliente tranquillità da cui veniva e si spronò ad affrontare quelle “menzogne”.
Fortunatamente, anche lì era notte; il cielo scuro e, per quanto potesse vedere attraverso la coltre oscura di smog, stellato le aveva risparmiato l’esperienza provante del calderone di caotiche bugie che gli uomini chiamavano “giorno”… Lentamente, attraverso la membrana cominciò a percepire anche le figure degli abitanti del suo luogo natio: in principio furono solo delle figure sfuocate da quell’orribile velo che le si era appiccicato addosso, poi però, ancora una volta, fu peggio…
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